Personaggi

 

Stefano Pendinelli (1403 ca. 1480) Vescovo

Negli archi della Cappella dell’Assunta della Chiesa Matrice vi erano le seguenti iscrizioni col ritratto dell’Arcivescovo Stefano Pendinelli, cittadino galatinese, vittima della strage di Otranto durante l’occupazione del Turchi nel 1480.

Nato nel 1403 fu educato in Nardò presso lo zio Giovanni Barlà, frate francescano e Vescovo presso la diocesi di detta città dal 1424 al 1434, anno della sua morte.

In questa sede vescovile successe all’età di soli 36 anni cioè nel 1439.

Alla direzione di tale cattedra vescovile rimase sino al 1451, anno in cui fu nominato arcivescovo di Otranto, dove attese al suo ministero sino al 1480, cadendo martire della fede sull’altare vittima dei Turchi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Stefano Galatino detto Colonna (1460ca. 1540 ca.) teologo

Giovinetto indosso il saio dei Minori Osservanti nel convento di Santa Caterina, dimostrando ingegno e disposizione per la vita monastica, per cui dai suoi superiori fu mandato a Roma per completare gli studi. A Roma rimase, salvo brevi e saltuarie interruzioni, sino alla morte.

Venne sepolto nella chiesa  di Aracoeli, dove volle che si custodissero i suoi manoscritti.

Frequentò assiduamente la casa del dotto cardinale Egidio Canisio da Viterbo e probabilmente fu professore di greco nello Studio romano.

Fu penitenziere apostolico nella basilica di S. Pietro; cappellano del Cardinale  Lorenzo Puccio e dopo del Cardinale Francesco Quinones.

Dalle dediche delle diverse sue opere si può dedurre che egli era in relazioni amichevoli con autorevoli personalità ecclesiastiche, come i pontefici Leone X e Paolo III, ed anche politiche, come l’imperatore Massimiliano I,  Carlo V, Ferdinando il Cattolico, Enrico VIII d’Inghilterra.

L’opera sua più importante  “ De arcanis catholicae veritatis “ dedicata all’imperatore e scritta a forma di dialogo; opera che ottenne incondizionate lodi dai piu dotti cardinali e dallo stesso Pontefice Leone X.

Fu pubblicata ad Ortona nel 1518, sotto gli auspici della duchessa di Bari Isabella D’Aragona.

 

MARCANTONIO ZIMARA ( 1475 ca. 1535 ca.) Filosofo

Il filosofo galatinese  tenne cattedra nell’ateneo di Padova.

Si laureo “ in artibus “ nell’agosto del 1501 e nel 1505 con molta probabilità  fu chiamato “praeter spem “ alla “lettura” straordinaria di filosofia naturale nell’ateneo padovano.

Nel 1514 fu Sindaco di Galatina, il suo ritorno al paesino natio è spiegabile tenendo presente il periodo turbolento che va dal 1509 al 1518 per lo Stato Veneto. Poiché alla guerra contro la Lega di Cambrai aveva fatto seguito quello della Lega sacra e le milizie

straniere avevano percorso e devastato molte  contrade dell’Italia settentrionale.

 

 

FEDERICO MEZIO ( 1551 – 1626)

Nacque a Galatina nel 1551 e visse per lungo tempo a Roma. Fu molto erudito in teologia, matematica, astrologia, cosmografia e tanto versato per le lettere greche e nella storia sacra e profana da essere ritenuto uno degli ecclesiastici più dotti di Roma. Conoscitore profondo della letteratura cristiana antica e della patristica latina e greca, fu assunto la vescovato di Termoli dal pontefice Clemente VIII.

Sin da giovane fu intimo del cardinale di S.Severina, Giulio Antonio Santoro, ed inoltre “Commensale” e “Conclavista”.

Fu commendatario delle tre Provincie di Bari, Otranto e Basilicata; dal Duca di Savoia ebbe il titolo di commendatore di S. Maurizio e Lazzaro.

Collaborò col cardinale Cesare Baronio, che lo amava come fratello, nella compilazione degli Annali ecclesiastici.

Morì a Termoli, dove è sepolto, all’età di settantacinque anni.

 

 

ALESSANDRO TOMMASO ARCUDI (1655 – 1718)

Nell’operetta Galatina letterata, pubblicata in Genova nel 1709 dalla Stamperia di G.Battista Celle, A.Tommaso Arcudi raccolse tutte le notizie riguardanti quarantaquattro cittadini di Galatina, distintisi nelle lettere, in parte riportate nella cronaca inedita del suo antenato Silvio Arcudi.

Nel 1699 aveva pubblicato in Venezia l’anatomia degli ippocriti col suo nome anagrammatico di Candidi Malasorte Ussaro, dedicandola al cardinale Noris.

Dai libri battesimali della Parrocchia di S.Pietro in Galatina risulta che egli nacque a Galatina nel 1655.

Appena diciassettenne entro nell’ordine dei Padri Predicatori Domenicani; morì all’età di 63 anni nel piccolo convento di Andrano presso Tricase, ivi confinato per la malevolezza degli altri frati.

L’operetta per la quale viene spesso ricordato, è Galatina letterata, pur essendo esso uno zibaldone di notizie frammentarie, per lo più riportate senza citazioni di fonti e con ampollosità di forma, come era costume del tempo.

Ciò nonostante essa ha il suo valore storico per Galatina, perché vi sono raccolte molte notizie riguardanti uomini che hanno onorato la nostra città e che altrimenti sarebbero stati del tutto dimenticati.

 

 

PASQUALE CAFARO (1706 – 1787) compositore

Nacque in Galatina l’8 febbraio 1706. I suoi genitori, trovandosi in discrete condizioni economiche, lo avviarono allo studio delle scienze, perché il giovinetto dimostrava di possedere intelligenza sveglia e buona disposizione allo studio. Il Cafaro, pur essendosi dedicato con fervore alle scienze, sentiva in sé la passione per la misica, per cui a diciotto anni insiste e riesce ad essere ammesso come alunno al Conservatorio della Pietà dei Turchini in Napoli dove ebbe a maestro Leonardo Leo.

Le doti di ingegno e di attitudine del Cafaro, indussero tosto il maestro ad assistere il nuovo allievo con amorevolezza addestrandolo nel contrappunto e nell’arte di suonare a quattro parti (arte che da pochissimi era allora posseduta).

Dopo dodici anni di studi il Cafaro raggiunge un tale grado di maturità nella scienza armonica da essere assunto, alla morte del Leo, come maestro di contrappunto nello stesso Conservatorio, che lo aveva accolto come allievo da giovinetto.

A quarantenni ormai si era già fatto apprezzare come compositore di opere serie. Dal 1747 al 1775 scrisse 17 composizioni.

Pasquale Cafaro morì a Napoli il 23 ottobre 1787 e fu sepolto nella chiesa di Montesanto accanto alla tomba di Alessandro scarlatti e di Leonardo Leo.

 

 

 

BENIAMINO DE MARIA (1911 -1994)

Beniamino Gaetano De Maria nacque a Galatina il 7 agosto 1911 dal Prof Ippolito e da Consiglia Bardicchia. Laureato in Scienze naturali ed in Medicina e Chirurgia, docente in Medicina sociale presso l’Università di Roma professore di Igiene nella Facoltà Magistero a Lecce e dirigente centrale dell’ Associazione dei Medici Cattolici Italiani. Ha rappresentato il Governo italiano in seno al Consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Eletto nel 1946 nell’Assemblea costituente con 48.525 voti di preferenza, è stato poi sempre rieletto alla Camera dei Deputati, nel partito della Democrazia Cristiana.

Alto Commissario aggiunto per l’Igiene e la Sanità, dal 1954 al 9 luglio 1955 (primo governo Fanfani, governo Scelba. Primo governo Segni).

Fu nominato Sottosegretario di Stato dal 15 febbraio 1959 al 25 marzo del 1960 (nel secondo governo Segni); e dall’8 agosto 1969  al 27 marzo 1970 (nel secondo governo Rumor).

Presidente della Commissione Sanità della Camera dei Deputati, ha rappresentato l’Italia in diversi congressi e assemblee internazionali tra cui la Organizzazione Mondiale della Sanità di Ginevra che gli conferì la Medaglia d’Oro.

Autore di una sessantina di pubblicazioni clinico – scientifiche e mediche, si occupava principalmente del problema delle sofisticazioni ed era uno strenuo combattente contro l’abuso degli stupefacenti.

Numerose leggi sono a  suo nome.

Sindaco della Città di Galatina dal 1978 al 1993 ha contribuito per lo sviluppo economico-sociale della Città: a lui e la sorella Palmina si deve la costruzione dell’ospedale Santa Caterina Novella inaugurato nel 1966 dall’Onorevole Aldo Moro. A lui si deve il Quartiere Fieristico di Galatina.

Morì a Galatina l’8 marzo 1994.

Al suo funerale, il 9 marzo del 1994, partecipò un’immensa folla tra cui il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro suo caro amico fraterno.

Articolo sul sole 24 ore di Gianni Trovati 26 maggio 2008

Per chi lavora nelle agenzie fiscali, naturalmente, c’è l’indennità «di agenzia», che viene corrisposta «per dodici mensilità, con carattere di generalità e continuità» (articolo 87 del contratto nazionale 2002/2005 del comparto). E per gli enti di ricerca? L’indennità «di ente» (articolo 5 del contratto 2002) è dedicata a loro. Nelle buste paga dei dipendenti pubblici la stratificazione contrattuale ha accumulato nel tempo 162 indennità (ma il conto è parziale, perché anche le tabelle della Ragioneria generale si arrendono davanti alle imprecisate somme «provenienti da provvedimenti specifici»). Ma dalla folla degli emolumenti, spesso nati come piccoli puntelli per il potere d’acquisto, svetta quella prevista per allineare ai compensi ospedalieri le buste paga di docenti e tecnici delle facoltà di medicina.

In segno di eterna riconoscenza (da parte dei beneficiati), l’indennità è stata battezzata con il nome del suo autore (Beniamino De Maria, padre costituente e poi deputato Dc di lungo corso), che l’ha creata nel 1979. Il principio è semplice, gli effetti dirompenti. I professori di medicina che lavorano nelle cliniche universitarie vanno pagati quanto i medici (o quanto i primari, nel caso degli ordinari). La sua linearità ha assicurato un successo strepitoso all’idea, che negli anni è stata applicata a fasce sempre più ampie di docenti e tecnici di ogni tipo.

Risultato: per i soli docenti universitari l’indennità De Maria costa quasi 400 milioni all’anno, a cui vanno aggiunti circa 150 milioni pagati per il personale tecnico.
I cancelli (teorici) per accedere alla De Maria sono puntigliosi. L’ateneo e il servizio sanitario devono individuare nominativamente il personale universitario impegnato negli ospedali, a cui assegnare l’indennità. Ma alla prova dei fatti questi cancelli sono sempre aperti, e hanno accolto 8.700 docenti (sui 12mila inquadrati nelle facoltà di medicina), ma anche 11mila impiegati di vario tipo, tra cui 2.500 amministrativi, 2mila tecnici e 155 bibliotecari. Sì, bibliotecari. Se la biblioteca è della facoltà di medicina, la porta dell’indennità si spalanca.

E siccome negli stipendi l’accademia non è prodiga, e la distanza dagli ospedali è consistente, l’indennità si arricchisce e nei casi estremi ha toccato i 120mila euro all’anno (grazie anche al compenso per l’intra moenia). Il bottino fa gola e in qualche università, come alla Federico II e alla Seconda università di Napoli, ha portato a convenzionare più del 90% dei docenti. Anche perché il meccanismo è perfetto, e conviene a tutti. Al servizio sanitario (paga solo la differenza tra lo stipendio universitario e quello ospedaliero), ma anche agli atenei che si vedono “scontare” il personale in convenzione dai tetti di spesa.